Nel numero di House View T2 2023 di Aviva Investors, Jennie Byun (JB) incontra Michael Grady (MG) per un aggiornamento sulle nostre ultime analisi economiche e nel campo dell’asset allocation.
JB: Partiamo dalla notizia più importante: la volatilità scaturita dalla situazione del settore bancario. Il tracollo di Silicon Valley Bank e Credit Suisse si è fatto sentire negli Stati Uniti e in Europa. Dobbiamo preoccuparci del contagio in tutto il settore e nell'economia in generale?
MG: Dopo oltre un decennio di tassi d'interesse prossimi allo zero e un periodo di quantitative easing, il fatto che molti non fossero preparati a un contesto di tassi più elevati non dovrebbe costituire una grande sorpresa. Tuttavia, sebbene alcune entità specifiche sembrino destinate a scomparire e ci si possa aspettare maggiori difficoltà sul fronte dell’indebitamento, restiamo dell'idea che complessivamente i bilanci del settore privato non finanziario siano solidi. Anche i bilanci del settore finanziario sono di gran lunga più solidi rispetto a quelli pubblicati alla vigilia della crisi finanziaria globale (GFC) grazie ai requisiti più severi in termini di buffer di capitale e di liquidità imposti dalle autorità di regolamentazione.
Tuttavia, la fiducia può svanire rapidamente e, in un mondo dominato dal digital banking, la fuga dei depositi può risultare molto più facile che in passato. Manteniamo un orientamento prudente nel breve termine alla luce dei rischi di stabilità finanziaria. A nostro avviso le banche centrali utilizzeranno l'intera gamma di strumenti disponibili per gestire eventuali ulteriori problemi di liquidità.
JB: In che modo influisce questo sulle prospettive per l’inflazione?
MG: Con il calo dei prezzi del petrolio e del gas, insieme ai significativi incentivi pubblici per il gas naturale in Europa, il picco dell'inflazione complessiva sembra ormai alle spalle. Sebbene gli sviluppi dell'inflazione complessiva siano incoraggianti, non si può dire lo stesso per quella sottostante o core. Qui valori restano fastidiosamente elevati e ostinati a circa il 6% nelle principali economie. Anche la crescita dei salari permane elevata, a conferma di mercati del lavoro molto vicini alla piena occupazione.
Ci aspettiamo che il periodo di rallentamento della crescita e di lieve recessione contribuisca ad allentare le pressioni sul mercato del lavoro
In prospettiva, ci aspettiamo che il periodo di rallentamento della crescita e di lieve recessione contribuisca ad allentare le pressioni sul mercato del lavoro, con un eventuale aumento della disoccupazione e, di conseguenza, un calo della crescita dei salari. Questo dovrebbe ridurre le pressioni inflazionistiche e coincidere con un calo dei margini. Pertanto, prevediamo un calo dell'inflazione sottostante per tutto il 2023 e il 2024, seppur lentamente, verso il 2%.
Tuttavia, vi è incertezza riguardo a queste prospettive, con la possibilità di pressioni a breve termine sulla crescita dei salari e una modesta ripresa dell'inflazione dei prezzi dei beni globali a fronte di un aumento della domanda cinese. Inoltre, i rischi si presentano più bilanciati.
JB: Nel secondo semestre dell’anno i mercati ingloberanno nei prezzi i tagli ai tassi d'interesse, è d'accordo?
MG: L'incertezza economica e finanziaria generata dai recenti eventi nel sistema bancario dovrebbe spingere le banche centrali a un monitoraggio più attento nei prossimi mesi. Ciò significa che i rapidi cicli di rialzo dei tassi in corso da oltre un anno potrebbero essere sospesi o addirittura concludersi.
Abbiamo avuto la conferma riguardo ai rialzi dei tassi
Nelle nostre previsioni per il 2023 pubblicate a dicembre indicavamo che a nostro parere la Federal Reserve, la Banca centrale europea e la Banca d'Inghilterra avrebbero raggiunto il picco del ciclo di inasprimento entro la fine del primo trimestre di quest’anno, con tassi rispettivamente intorno al cinque, tre e quattro percento. Ora il trimestre è finito e abbiamo avuto la conferma riguardo a questi rialzi (solo la Banca d'Inghilterra è andata oltre con il 4,25%).
Se nei prossimi mesi non vi saranno ulteriori contagi nel sistema bancario, potremmo assistere a nuovi aumenti dei tassi verso metà anno in quanto il contesto dell’inflazione resta difficile. Monitoreremo attentamente le informazioni sui prestiti bancari e, in particolare, le indagini sulla disponibilità del credito. Se le condizioni del credito dovessero registrare una marcata compressione significherebbe trovarsi alla fine del ciclo di inasprimento e la possibilità di un taglio dei tassi prima della fine dell'anno dovrebbe aumentare. Tuttavia, questo non è il nostro scenario di base.
JB: In che modo ne verrà influenzata la crescita?
MG: L'attività degli ultimi tre mesi ha generalmente sorpreso al rialzo, determinando modesti miglioramenti delle prospettive di crescita e crescenti speranze di evitare persino lievi recessioni. Tuttavia, sebbene sia troppo presto per avere una visione chiara dell'impatto dei problemi delle banche regionali negli Stati Uniti e del tracollo di Credit Suisse in Europa, esiste la possibilità di un irrigidimento delle condizioni del credito maggiore del previsto.
Nel complesso, le nostre previsioni di crescita globale per il 2023 sono del 2,75%, con un tasso analogo previsto per il 2024. Riteniamo che i rischi di questa prospettiva tendano al ribasso.
Un'area di preoccupazione per le banche di medie dimensioni statunitensi potrebbe essere l'esposizione al settore immobiliare commerciale, che negli ultimi anni è cresciuto significativamente. In secondo luogo, la guerra in Ucraina prosegue, con la possibilità di una nuova offensiva in primavera, che potrebbe ripercuotersi nuovamente sui prezzi dell'energia, soprattutto sul mercato globale del gas naturale liquefatto, che vedrà Europa e Asia in competizione per i flussi. Infine, non possiamo escludere la possibilità di un'ulteriore crisi finanziaria più grave, soprattutto se la fiducia nelle singole banche o nel sistema bancario globale dovesse indebolirsi ulteriormente.
Il rinvigorimento della Cina potrebbe rappresentare il principale rischio di rialzo per la crescita. Sebbene il settore immobiliare sia destinato a rimanere agonizzante, la domanda inespressa della spesa per le famiglie, soprattutto per i servizi, potrebbe registrare una crescita nettamente superiore all'obiettivo annunciato del 5%.
JB: Qual è l'impatto della politica fiscale sulle prospettive di crescita e inflazione?
MG: La politica fiscale era già tornata alla ribalta negli anni precedenti al COVID-19. L'assistenza fiscale senza precedenti richiesta e fornita durante la pandemia, seguita da molte importanti risposte del governo allo shock energetico, ha contribuito in modo significativo a questo slancio.
Oltre a un approccio più ampio a deficit e benchmark di debito accettabili o "prudenti", ciò ha portato a una crescente conferma che le iniziative fiscali più attive sono utili e rappresentano strumenti monetari adeguati. Ciò non significa che tali politiche espansionistiche possano essere perseguite in modo indiscriminato, significa però che qualsiasi valutazione delle prospettive macroeconomiche deve tenere conto in modo più esplicito sia delle politiche fiscali che monetarie.
Le società e le famiglie si aspettano che le misure fiscali attive siano una caratteristica permanente in questo contesto
Le società (comprese le istituzioni finanziarie) e le famiglie si aspettano che le misure fiscali attive siano una caratteristica permanente in questo contesto. Gli ultimi esempi importanti di questo fenomeno sono l'Inflation Reduction Act (IRA) negli Stati Uniti e le risposte dell’Europa, molte delle quali sono ancora in fase di formulazione. L'aumento della spesa militare si aggiungerà alla percezione di un maggiore intervento fiscale che diventerà la norma, anche in Giappone e Germania.
L'IRA presenta svariati elementi, ma quelli relativi agli incentivi per l'energia pulita stanno attirando la massima attenzione. Sebbene in linea di principio sia lodevole, sono nate tensioni nei flussi commerciali (alcune provocate deliberatamente, si pensi alla Cina) e la competitività si riduce con l'aumento del protezionismo.
JB: Il mutamento del contesto ha influito sulle nostre strategie di asset allocation?
MG: Il contesto macroeconomico dovrebbe continuare a determinare la volatilità dei mercati finanziari. L'incertezza nei punti di svolta è sempre elevata, ma la natura di questo ciclo è unica, estremamente rapida ed estremamente mutevole. Non abbiamo dubbi riguardo al fatto di non detenere esposizioni tattiche o strutturali ad alta convinzione sulle classi di attivi, a parte il mantenimento di alti i livelli di liquidità, fino a quando i cambiamenti ciclici e strutturali in corso non diventeranno più chiari.
I titoli azionari e del credito hanno registrato una rivalutazione nel 2022, ma non a livelli irresistibilmente convenienti
I titoli azionari e del credito hanno registrato una rivalutazione nel 2022, ma non a livelli irresistibilmente convenienti, soprattutto in vista di una recessione. Le tensioni finanziarie potrebbero innescare i tagli dei tassi, ma per ora l'inflazione porta le autorità a mantenere un orientamento aggressivo. Alcuni tagli sono già stati già inglobati nei prezzi, il che ci ha indotto a mantenere un'esposizione neutrale ai titoli di Stato, anche se i rendimenti potrebbero muoversi al rialzo in Giappone e nei paesi core europei.
Siamo ampiamente neutrali sul dollaro, ma il rallentamento della crescita potrebbe ancora rappresentare una sfida per le valute dei mercati emergenti. Nel frattempo, un orientamento più accomodante da parte della Banca di Inghilterra potrebbe indebolire la sterlina, pur aiutando le azioni e i gilt britannici a sovraperformare.
JB: È trascorso più di un anno dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Sebbene l'attenzione non si sia completamente affievolita, il numero delle prime pagine sta calando. Le quotazioni petrolifere sono notevolmente calate rispetto al picco dello scorso anno. Quali sono i fattori di cui gli investitori dovrebbero tener conto in futuro?
MG: Esiste il pericolo che la capacità di un importante evento in grado di dare uno scossone alla situazione diminuisca nel tempo. Ma questo conflitto è in corso e non sembra essere prossimo ad alcun tipo di risoluzione. Vi è un’elevata probabilità che le offensive di primavera, sia da parte della Russia che dell’Ucraina, o da parte di entrambe, cambino ancora una volta il panorama nei prossimi mesi.
La guerra ha fatto concentrare l'attenzione sulla sicurezza energetica nel breve termine
La guerra ha fatto concentrare l'attenzione sulla sicurezza energetica nel breve termine e ha determinato una forte diminuzione della dipendenza di grandi aree dell'Europa dalle forniture russe in un lasso di tempo incredibilmente breve. Tutto ciò, unito a un inverno mite, ha fatto sì che le carenze siano state rare e non sia stato necessario ricorrere al razionamento. Di conseguenza, i prezzi sono notevolmente scesi, pur rimanendo elevati rispetto agli standard storici. Il conflitto ha inoltre determinato picchi dei prezzi di molte altre materie prime e che da allora sono tutti in calo.
Nel breve termine, l’affanno per garantirsi forniture di energia alternative ha portato alla reintroduzione dei combustibili fossili per colmare il divario. Tuttavia, nel lungo termine, è probabile che si verifichi un’inversione di tendenza, con l'invasione russa che funge da catalizzatore per la transizione energetica e la decarbonizzazione.
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