Questo mese, i nostri team del reddito fisso discutono del boom delle emissioni di titoli ibridi e valutano rischi e opportunità dei potenziali dazi doganali, delle fluttuazioni dei tassi d’interesse e delle dinamiche fiscali.
Leggi questo articolo per scoprire:
- I fattori che stanno determinando il boom delle emissioni dei titoli ibridi
- I pro e i contro del credito investment grade europeo rispetto a quello statunitense
- Gli equilibri fiscali di Messico e Colombia in vista delle elezioni del 2026
Nell’edizione di questo mese di Bond Voyage analizziamo da cosa scaturisce il boom delle emissioni dei titoli ibridi. Ci concentreremo poi sui punti in comune e sulle differenze tra la prima e la seconda amministrazione Trump e sui possibili conseguenti impatti sul credito investment grade (IG) europeo e statunitense. Con riferimento ai paesi emergenti, il team riflette sui recenti viaggi intrapresi in Messico e Colombia. Alla luce delle recenti dichiarazioni sui dazi, la parola d’ordine è cautela. Ci auguriamo che le nostre riflessioni chiariscano quali sono i potenziali rischi e quali invece le opportunità.
Il feedback è importante per noi, perciò ti invitiamo a condividere le tue preferenze o quello che non apprezzi e a inviarci suggerimenti sui temi che potremmo affrontare nei futuri blog a questo indirizzo: gcs.creditinvestmentspecialists@avivainvestors.com.
Boom di titoli ibridi: gli emittenti statunitensi stimolano la crescita globale
I cambiamenti nelle metodologie di rating stanno innescando un boom di emissioni di titoli ibridi, poiché le società possono giovare di un trattamento fiscale e di valutazione favorevole. L’indice Global Hybrid è cresciuto in modo significativo, con 11 emissioni ibride statunitensi aggiunte agli indici ibridi dell’ICE nel solo mese di gennaio, per un totale di 56 a livello globale (cfr. Figura 1).
Figura 1: Number of issues in the Global Hybrid Non-Financial Index (GNEC), 2005-2025
Source: Aviva Investors, Bloomberg, ICE BofA. Data as of March 5, 2025.
Cosa si intende per titoli societari ibridi?
Il termine "titolo societario ibrido" indica un tipo di finanziamento che combina elementi di debito e azionari.
Caratteristiche simili al debito:
- Pagamenti di interessi fissi: analogamente al debito tradizionale, i titoli societari ibridi pagano interessi regolari agli investitori.
- Data di scadenza: spesso hanno una scadenza lunga, in genere intorno ai 30 anni.
Caratteristiche simili alle azioni:
- Subordinazione: in caso di liquidazione, i detentori di titoli ibridi vengono pagati dopo gli altri detentori di debito, ma prima dei detentori di azioni.
- Credito azionario: si riferisce al riconoscimento parziale di uno strumento finanziario come equity da parte delle agenzie di rating, il che contribuisce a migliorare gli indici finanziari e il merito di credito della società riportando una percentuale inferiore di debito in bilancio.
Perché si è innescato questo boom?
L’impennata è ascrivibile agli aggiornamenti della metodologia di rating di Moody’s, che offrono vantaggi fiscali (i pagamenti degli interessi sui titoli ibridi sono deducibili dalle tasse) e credito azionario, rendendo i titoli ibridi interessanti per le società statunitensi.
La standardizzazione della struttura, unita ai vantaggi della diversificazione e ai rendimenti più elevati, ha incrementato la domanda di investimenti. Inoltre, le recenti modifiche alle normative assicurative hanno reso più semplice l’utilizzo dei titoli societari ibridi anche da parte degli assicuratori.
Temi principali per il 2025
- Aumento delle emissioni: si prevede che un maggior numero di società statunitensi ed europee emetterà titoli ibridi.
- Incremento delle operazioni di M&A: fusioni e acquisizioni sono in aumento, favorendo ulteriormente l’emissione di titoli ibridi.
- Innovazione nelle strutture ibride: si prevede un’innovazione continua delle strutture ibride, in particolare nel mercato statunitense, con una crescita di quelle strutture progettate per conformarsi alla metodologia di rating di Standard & Poor’s.
Tassi e credito investment grade: il credito europeo è da considerarsi un’operazione tattica o un investimento strategico?
Occhi e orecchie sono ancora una volta puntati sul Presidente Trump. La situazione è associabile al periodo di fine 2016 - inizio 2017, quando i mercati cercavano di valutare dazi e relazioni geopolitiche. Nonostante il 2016 e il 2024 siano iniziati diversamente, entrambi i periodi hanno alimentato un rally iniziale dell’S&P 500 (nel periodo compreso tra novembre e febbraio), nonché i timori di inflazione dovuti ai dazi, spingendo al rialzo i rendimenti a più lungo termine.
Nel 2016, l’incertezza aveva inizialmente favorito un sell-off in entrambe le aree, prima che la spinta alla crescita degli Stati Uniti, trainata dal credito, portasse a un restringimento degli spread IG statunitensi. Gli spread IG europei avevano nel frattempo continuato ad allargarsi mentre i mercati erano alle prese con la valutazione degli effetti dei dazi sulle società europee. Alla fine di febbraio 2017, gli spread IG statunitensi erano scesi al di sotto di quelli europei per la prima volta dalla crisi del debito dell’eurozona.
Nel 2025, l’amministrazione Trump userà la deregolamentazione per favorire la crescita trainata dal credito
Per contro, l’amministrazione del 2025 userà la deregolamentazione per favorire la crescita trainata dal credito. Il Presidente degli Stati Uniti mira a ridurre i prezzi dell’energia e ad agevolare le condizioni finanziarie, in particolare sulla parte lunga (30 anni) della curva. I tassi di interesse sono oggi molto più alti e la Federal Reserve (Fed) statunitense è entrata in un ciclo di tagli, mentre nel 2017 aveva appena iniziato ad aumentarli. Sembra che le nuove politiche di Trump siano già in parte riflesse nei prezzi di mercato.
Una tendenza costante è il rialzo della parte lunga della curva dei Treasury statunitensi, con un irripidimento di dieci punti base (pb) sui rendimenti tra i dieci e i trent’anni. Sorgono alcune domande fondamentali: i mercati credono nella spinta alla crescita trainata dal credito? I timori di un’inflazione causata dai dazi sono reali? Oppure i mercati si sono resi conto che i dazi avranno un impatto negativo sulle aziende statunitensi? Gli IG e gli HY statunitensi sono rimasti invariati dopo le elezioni.
In questo contesto, il credito europeo è, quindi, un’operazione tattica o un investimento strategico? Una serie di considerazioni ha suscitato un vivace dibattito.
A favore dell’IG europeo, i rendimenti all-in sono ancora ai massimi del decennio, al 3,1%. Poiché la Banca Centrale Europea (BCE) continua a tagliare i tassi in ragione di livelli non brillanti di crescita, questo sembra essere un settore interessante in cui investire. Infatti, ulteriori riduzioni dei tassi della BCE comporteranno probabilmente un ampliamento degli spread, rendendo l’IG europeo più conveniente di quello statunitense. Vi è inoltre una domanda di credito europeo per soddisfare le esigenze dei fondi pensione, che privilegia il credito nazionale rispetto a quello globale.
Tuttavia, queste argomentazioni sono più di natura tecnica che fondamentale e sembrerebbero indicare un’operazione tattica. Rispetto agli Stati Uniti, i fattori fondamentali per la generazione di crescita appaiono improbabili. La spesa per la difesa è più bassa (anche se sono possibili variazioni in tal senso), i prezzi dell’energia e il costo della regolamentazione sono elevati e i dazi sono una minaccia. L’Europa sconta la mancanza di innovazione e la concorrenza della Cina e scioperi e disordini pubblici sono dietro l’angolo.
I tassi d’interesse potrebbero diventare un bel grattacapo nel corso dell’anno, soprattutto se la crescita e l’inflazione dovessero aumentare
Per contro, gli spread IG statunitensi sono ai minimi storici, circa 84 pb, e, sebbene i tassi siano elevati, è improbabile che scendano ancora. Pertanto, con il 5,1%, il rendimento all-in disponibile sull’IG statunitense è superiore a quello dell’IG europeo, rendendolo all’apparenza un investimento migliore. Tuttavia, i tassi d’interesse potrebbero diventare un bel grattacapo nel corso dell’anno, soprattutto se la crescita e l’inflazione dovessero aumentare. Come scelta di valore relativo, riteniamo che l’investimento nel credito europeo sia ancora interessante, anche se dal punto di vista dei tassi.
Cosa succederebbe se la Fed tagliasse i tassi e desse vita a un’ulteriore manovra di quantitative easing? È un rischio che va a favore dell’investimento in IG statunitensi.
La parola d’ordine di questo mese è dazi: possono sì rappresentare uno strumento di negoziazione, ma aumenteranno l’inflazione. La domanda è se il Presidente Trump voglia una vittoria a mani basse oppure limitarsi ad applicare addebiti di importo non ingente specifici per paese.
Il dibattito continua...
Debito dei paesi emergenti: percorsi e pause
Questo mese, il team dedicato al Debito dei paesi emergenti (EMD) ha trascorso una settimana in Messico e in Colombia, in un momento più che opportuno alla luce dell’incertezza generata dalle prime settimane di insediamento del Presidente Trump. Abbiamo avuto modo di incontrare politici, operatori di mercato locali, esperti di diverse discipline e analisti politici.
Durante il nostro viaggio, ci siamo resi conto che il fiato corto e il mal di testa non erano semplicemente causati dai 2.500 metri di altitudine media a cui ci trovavamo. Come temevamo, infatti, entrambi i Paesi stanno affrontando dinamiche fiscali molto difficili in un momento in cui i tassi reali rimangono alti e i fattori esterni sono significativi. Inoltre, dato che in entrambi i Paesi si terranno le elezioni nel 2026, correggere le traiettorie fiscali quest’anno diventa ancora più arduo.
Messico: battuta d’arresto
Sotto il cielo soleggiato di Città del Messico sembrava di essere in primavera. Tuttavia, nonostante il caos frenetico della città, l’economia sta perdendo slancio e l’incertezza generata dalle politiche sui dazi del Presidente Trump incombe sulle prospettive del paese come una nuvola nera.
Il team messo insieme dalla Presidente Sheinbaum è da molti considerato pragmatico e professionale
Vi sono ragioni per essere ottimistici: il team messo insieme dalla Presidente Sheinbaum a quattro mesi dall’inizio della sua presidenza è da molti considerato pragmatico e professionale e interagisce con gli stakeholder in un modo in cui l’amministrazione del suo predecessore, il Presidente Lopez-Obrador, non faceva. Il rallentamento della crescita, che è la principale preoccupazione dei politici, ha portato a un migliore coordinamento delle politiche monetarie e fiscali. Dall’esterno, si ha anche l’impressione che la freddezza della Presidente Sheinbaum nell’affrontare le minacce in materia di dazi a nord del confine sia servita a stemperare le tensioni e a mettere il Paese in una buona posizione con il Presidente Trump.
Ma non è tutto oro ciò che luccica. Il rischio maggiore è che il Presidente degli Stati Uniti possa non fare chiarezza sulla futura politica dei dazi. Ciò manterrebbe elevati i livelli di incertezza, impedendo una spinta tanto necessaria agli investimenti e al sentiment degli investitori. In breve, non è detto che il presidente Trump consideri i suoi dazi contro il Messico solo come uno strumento di negoziazione o di leva. È quindi difficile non considerare questo rischio, anche se la parte messicana si appella ai meriti di un "regionalismo" rafforzato.
Nonostante il clamore geopolitico, tuttavia, le vere sfide del Messico rimangono di natura interna, soprattutto in termini di dinamiche fiscali e, in particolare, per quanto riguarda l’azienda petrolifera pubblica messicana PEMEX. Incontro dopo incontro, abbiamo capito che la posizione fiscale del Messico era la principale nota dolente del viaggio. Nei prossimi anni si assisterà a un aumento strutturale della spesa per pensioni e trasferimenti sociali. Tuttavia, sapendo bene che le finanze pubbliche messicane tendono al deterioramento, il governo non sembra disposto a prendere in considerazione misure per aumentare le entrate.
PEMEX continua a prosciugare il bilancio per una cifra stimata tra l’1,5 e il 2% del PIL all’anno
Nel frattempo, PEMEX continua a prosciugare il bilancio per una cifra stimata tra l’1,5 e il 2% del PIL all’anno, rendendo sempre più difficili gli accordi fiscali, mentre la produzione continua a crollare e i prezzi del petrolio rischiano di scendere ulteriormente. Il nostro timore è che, in assenza di una strategia globale, il mercato spinga sempre più per trovare una soluzione, mettendo sotto pressione il già limitato spazio fiscale del Messico.
Detto questo, riteniamo che il 2025 possa essere un anno di transizione, con una certa libertà politica a disposizione delle autorità. Tuttavia, consapevoli che il 2026 sarà probabilmente un anno cruciale per il bilancio, seguiremo con attenzione la Presidente Sheinbaum per vedere se riuscirà a ritagliarsi quest’anno lo spazio politico necessario per avviare una serie di misure in grado di correggere la rotta e capitalizzare sulla miriade di opportunità del Messico.
Colombia: il fattore "Lula"
Il cielo nuvoloso di Bogotá ci ha ricordato Londra e rifletteva, nonostante l’energia e i colori vivaci della città, l’umore in loco. L’attenzione è, infatti, già rivolta alle elezioni del 2026 e inizia a farsi strada un clima di speranza sulla scia del possibile ritorno al potere delle forze politiche di centro-destra.
Abbiamo riscontrato dinamiche fiscali più gravose del previsto in Colombia
Tuttavia, abbiamo riscontrato dinamiche fiscali più gravose del previsto, dato che il nuovo piano di finanziamento del governo si basa in gran parte su ipotesi di entrate troppo ottimistiche. Sebbene i prezzi degli asset abbiano riflesso in parte il deterioramento della traiettoria fiscale in Colombia, una domanda fondamentale è se lo abbiano fatto in misura sufficiente. Noi riteniamo di no, in quanto i mercati potrebbero aspettarsi uno scostamento fiscale nel 2025 molto inferiore a quello che potrebbe effettivamente verificarsi, data la portata del potenziale deficit di quest’anno.
Nel frattempo, un aumento eccessivo del salario minimo e la mancanza di una politica fiscale consolidata hanno creato rischi al rialzo per l’inflazione. Sebbene i tassi reali siano molto alti, la banca centrale del Paese, il Banco de la República (BanRep), potrebbe essere costretta a sospendere i tagli dei tassi quando questi rischi inizieranno a concretizzarsi.
Il paragone con il deterioramento fiscale del Brasile sotto la presidenza Lula, anch’egli alle prese con le elezioni del 2026, sembra ovvio a prima vista. Ma paragonare la situazione dei due paesi potrebbe essere azzardato. Dopo tutto, la Colombia gode di istituzioni molto più solide e, nonostante tutta la retorica, alla "voce grossa" del presidente Petro non sono poi corrisposti fatti.
Quest’anno si tratterà per lo più di osservare l’interazione tra scelte politiche e risultati fiscali
Detto questo, per garantire che il deficit fiscale non aumenti rispetto all’anno scorso saranno necessari tagli alla spesa che potrebbero essere difficili da attuare in un anno che precede le elezioni.
Quindi, come per il Messico, quest’anno si tratterà per lo più di osservare l’interazione tra scelte politiche e risultati fiscali. Il mercato cercherà segnali più solidi di questi ultimi, con un cauto ottimismo sui primi.